Standard & Poor’s conferma il giudizio dato al nostro paese lo scorso ottobre. Ovvero rating a BBB con outlook negativo. Già allora, il verdetto sull’affidabilità creditizia era rimasto inalterato a fronte del passaggio dell’outlook da stabile a negativo.
L’Agenzia di rating americana ha sottolineato in una nota come una inversione di tendenza sulle riforme per opera dell’attuale governo Conte e la volatilità della domanda esterna, hanno portato l’economia del nostro Paese in recessione.
Ancora, Standard & Poor’s ha evidenziato un aumento del debito pubblico a fronte di un calo di quello privato. Prevede una economia in stagnazione quest’anno – crescita nominale dell’1% del Pil – mentre le politiche del governo rischiano di rafforzare la rigidità dei salari e del mercato del lavoro.
Ora, Standard & Poor’s ha dato un tempo di 24 mesi per assestare un eventuale abbassamento del rating all’Italia. Il quale scatterebbe, fa sapere l’agenzia:
«se il deficit e il debito superassero significativamente le nostre previsioni, e se osservassimo un marcato deterioramento nelle condizioni finanziarie a causa della persistente incertezza politica».
Prima di S&P, l’operato del governo aveva avuto un’altra tiratina d’orecchie da un’altra agenzia americana: Fitch. La quale pure ha dato una tripla B all’economia del nostro Paese. Praticamente 2 gradini al di sopra del junk, il livello «spazzatura» che caratterizza i paesi meno affidabili dal punto di vista creditizio.
Ma tornando a Standard & Poor’s, vediamo veramente chi è questa Agenzia e cosa ha combinato in passato. Per cui viene da chiedersi: quanto credito abbia il suo giudizio?